Il mercato delle acque minerali

di Pierfrancesco Costantino

acquaL’apertura dei mercati ha spinto anche le aziende produttrici di acque minerali a doversi confrontare con una realtà senza confini, dove l’unica strada percorribile è frutto di una contemporanea strategia di internazionalizzazione e fidelizzazione dell’immagine aziendale.

A partire dagli Anni Novanta le acque minerali da semplice commodity sono diventate sofisticati prodotti di marketing molti poi la bevono attratti da packaging originali o d’alto design. Anche se le acque minerali sono tutte uguali e compito del marketing creare e sottolineare le differenze. L’Italia, dal punto di vista delle acque minerali è un paese tutto da bere. Il volume di affari del settore si aggira ormai attorno ai 2,3 miliardi di euro (-4% circa nel 2008), con uno spostamento dei consumatori verso le acque a basso costo e un incremento delle private label e le etichette ad hoc per la grande distribuzione. La crisi sta influenzando anche le politiche delle aziende che negli ultimi anni hanno ridotto i budget in comunicazione. Nel 2008, infatti, sono stati investiti 105 milioni di euro in pubblicità, -6,2% sul 2007 e -10,4% sul 2006. Le imprese del settore hanno investito nel 2009 più o meno le stesse cifre, ma con strategie e obiettivi diversi.

L’Italia è il Paese leader al mondo nella produzione di acqua minerale, ed è al terzo posto per consumi pro-capite, preceduta solo dagli Emirati Arabi e dal Messico, e davanti al Belgio che ci segue con circa 150 litri di consumo annuo pro-capite. Il mercato delle acque minerali è caratterizzato da una bassa fedeltà dei consumatori alla marca, abbandonata sovente per usufruire promozioni, capaci di spostare corpose quantità vendite brand all’altra: circa il 19% delle vendite di acqua minerale deriva iniziative promozionali. In media ogni famiglia italiana ha casa 2,7 marche diverse acqua minerale. In questo comparto operano grandi gruppi industriali, che concentrano nelle loro mani rilevanti quote di mercato e investimenti pubblicitari i primi quattro coprono insieme oltre il 70% delle vendite. L’acqua minerale presenta alcuni indiscutibili svantaggi sotto il profilo ambientale.

L’acqua minerale è in genere venduta in bottiglie di plastica (PET), realizzate quindi con i derivati del petrolio, in genere non riciclate, che vanno ad incrementare notevolmente la produzione di rifiuti. Nel corso degli anni si è andato sempre più consolidando la ricerca di soluzioni in grado di ridurre l’impatto ambientale provocato dalla realizzazione delle bottiglie d’acqua derivante dalla loro produzione fino al trasporto al consumatore finale. Diverse soluzioni sono state prese al riguardo, una di queste è la realizzazione di una bottiglia eco-compatibile. A introdurre la nuova svolta verde ci ha pensato Fonti di Vinadio numero uno del settore con il marchio Sant´Anna. L’innovativa bottiglia di acqua minerale con packaging in plastica 100% vegetale, è l’acqua ufficiale della Ecomaretona 2009. Il packaging è realizzato con plastica ricavata dalla fermentazione degli zuccheri delle piante, anziché dal petrolio come le normali plastiche. Questa particolare bottiglia si può infatti smaltire in circa 70 giorni. L´obiettivo da centrare entro l´anno è il lancio della bio-bottiglia, una confezione a base di polimeri di mais, biodegradabile e quindi a bassissimo impatto ambientale.

L’impatto ambientale comporta consumo di energia e di combustibili fossili per la produzione delle bottiglie e per il trasporto delle stesse fino ai luoghi di consumo. Per non parlare dell’ impatto ambientale in termini di rifiuti prodotti. Il ricorso alle acque in bottiglia potrebbe essere giustificato dalla necessità di sopperire alla scarsità di acqua potabile o di infrastrutture per trasportarla fino all’utente finale. In termini di consumi totali nei primi dieci posti vi sono i paesi più industrializzati o comunque paesi dove la disponibilità di acqua potabile, se si eccettuano determinate aree, non risulta essere una criticità. Il ricorso all’acqua in bottiglia, non trova quindi in Italia motivazioni razionali che ne giustifichino un così largo uso. Evidentemente è un mutamento delle abitudini alimentari avvenuto piuttosto recentemente. Si stima infatti che il consumo di acqua in bottiglia sia aumentato dal 1980 ad oggi del 310 per cento circa. Un mutamento delle abitudini non giustificato certamente dalla qualità delle acque che sgorgano dai rubinetti di casa. Queste hanno sistemi di controllo consolidati la cui rintracciabilità dovrebbe essere più affidabile di quelle delle acque in bottiglia. Da non trascurare, inoltre, è l’impatto sull’ambiente che ha questa nuova abitudine alimentare. La maggior parte delle acque viene commercializzata in imballaggi di plastica. Ai costi ambientali per la produzione di questi imballaggi sono da aggiungere i costi per il riciclo o lo smaltimento del vuoto, senza contare l’impatto sull’atmosfera che lo spostamento merci dal nord verso il sud del paese, prevalentemente effettuato su gomma.

L’analisi mette in luce come sia diffuso in Italia il consumo di acque in bottiglia. Ciò pone degli interrogativi non solo sull’impatto sull’ambiente ma anche sulla tutela della risorsa idrica in quanto non si è disposti a pagare per l’utilizzo dell’acqua potabile un costo modesto che garantisca anche la riduzione degli sprechi e si preferisce comprare acqua in bottiglia ad un costo di gran lunga più alto rispetto a quella del rubinetto di casa.